Che sia su una spiaggia lontana o in un campo dietro a casa, su sentieri polverosi o di fronte ad una grande montagna chi viaggia lo sa, lo sente. Sento che sta arrivando il momento, il momento in cui qualcosa si rompe per dar vita ad un vuoto –fertile-, ad un nuovo equilibrio. L’inizio di nuove rotte, nuovi modi, la scoperta di nuove passioni, la luce su nuove parti di sé.
Non succede al turista medio, questo succede dentro al viaggiatore. Ma vorrei sdoganare il concetto di viaggiatore, davvero così abusato ultimamente: per essere viaggiatori non bisogna per forza essere soli, essere lontani, essere estremi. Basta Essere. Presenti a se stessi. Esserci. Onesti, veri, trasparenti con se stessi. Bisogna aver avuto gli strumenti e la guida giusta per guardarsi dentro, prima della partenza vera e propria. Perché tutto succede prima, quando l’impulso al viaggio è leggero e scompiglia i pensieri.
Uno dei pezzi più belli che mi porto a casa in questi giorni, da questo meraviglioso lavoro che ho creato è la frase della mia cliente Arianna, che dopo un anno sabbatico, una serie di viaggi, esperienze on the road, cammini, periodi all’estero, un discreto numero di aerei presi e un bel po’ di paesi visitati mi dice: “Ho fatto il viaggio più difficile della mia vita. Sono andata a riprendere la parte esiliata di me e l’ho riportata dentro di me.”
Mi sono emozionata.
Una bella frase che sposo dice più o meno così: “il cambiamento è inevitabile, la crescita personale è una scelta”. I viaggi non fanno bene a prescindere e non sono terapeutici di per sé. I viaggi curano chi sa curarsi. Aiutano chi ha gli strumenti adatti a farlo.
I viaggi hanno dentro un enorme potere curativo ma, come tutti i poteri, diventa risorsa se gestito, altrimenti è dannoso per sé, per gli altri, per le aspettative recondite, per i viaggi futuri che non si avrà più voglia di fare perché: “tanto non succede niente” oppure “poi torna tutto come prima”.
La mia esperienza di viaggio è andata per tentativi di scoperta ed introspezione, ho capito davvero solo quando ho acquisito gli strumenti giusti. È in quel momento che il mio goffo tentativo di scoprire me stessa mi si è rivelato a poco a poco. E non è stato lo sciamano che speravo di incontrare a 18 anni nel corso del mio primo viaggio in Brasile. E non sono stati tutti gli sciamani che ho incontrato (sarebbe più giusto dire che loro hanno incontrato me) nel corso degli anni e dei paesi che ho visitato. Le loro frasi criptiche si sono rivelate a tempo debito e dopo non poca fatica e struggimento. Ma solo perché avevo gli strumenti. E non sono stati gli sciamani (che sono un simbolo potente di chi detiene la verità e ha fato un percorso verso la saggezza), ma le esperienze vissute, gli ostacoli, gli incontri, il tempo lento dentro le esperienze che sceglievo di fare che hanno forgiato il mio cammino di trasformazione.
Tutto questo per dire che non esistono Guru, non basta fare counseling e proporre un viaggio per realizzare un processo di questo tipo. Non basta genericamente ascoltare il cliente e proporre mete esotiche. Negli anni ho sentito tante persone –convinte di avere il manuale di istruzioni – dire “il viaggio fa bene, non è una novità”. Ok. Ma come fa bene? Come si fa a stare bene attraverso il viaggio? Come puoi gestire un processo di cambiamento, di crescita? Con che tecniche e perché usi proprio quelle? Perché quel percorso piuttosto che un altro?
Non basta andare in India e fare yoga tutte le mattine all’alba, non è spingere le persone a camminare in solitaria su sentieri più o meno battuti. Non è mollare tutto per vivere in Asia. Non è il cammino di Santiago. Non è quello il punto. I percorsi non sono uguali per tutti, gli step da superare non sono preconfezionati. È tutto dentro il nostro cliente – il viaggiatore –, è tutto nella relazione con lui. Nessuno dovrebbe sentirsi inadatto o inferiore perché non fa questo tipo di scelte di viaggio, ognuno dentro di sé può arrivare a capire qual è il cammino personale di rinascita che deve compiere proprio lui: il punto è riuscire a metterlo a fuoco ed iniziare a camminare e questo si realizza solo con un buon Travel Counselor accanto.
Il punto di svolta, l’insight, la scintilla, il bivio che fa cambiare tutto è dentro di noi, non è a Varanasi, non è sull’Everest, non è a Santiago, non è nell’oceano: è dentro di noi ed è molto più profondo di ciò che crediamo e occorre scavarci attorno. A volte occorre demolirsi e poi ricostruirsi e in viaggio questo è più semplice, è il campo adatto per farlo perché è la terra del possibile (se vuoi approfondire puoi farlo con diverse letture in merito).
Dovremmo iniziare a pensare al viaggio come un percorso verticale, verso l’interno, la profondità, e non orizzontale verso il lontano. Lo strumento perfetto è l’altrove, ma il punto di partenza e di arrivo è dentro. È sempre lì che dobbiamo scavare.
È possibile che incontriate qualcuno che vi proponga un’esperienza di viaggio come crescita e cambiamento, è possibile anche qualcuno usi il termine Travel Counseling®. Prestate attenzione a chi vi propone una ricetta pre-confezionata, senza spiegarvi il metodo, senza raccontarvi cosa c’è dietro, senza che vi racconti le sue personali esperienze. Diffidate da chi promette di regalarvi la scintilla del viaggio, che non scatterà mai, se non vi siete fatti, prima, le domande giuste.
Il Travel Counseling® è frutto di studio, ma soprattutto di osservazione, ricerca sul campo, ascolto di storie ma ancora di più è frutto di un percorso personale in cui il viaggio è stato la Cura. Quando ho creato questo approccio e ho deciso di tutelarlo con il marchio registrato è stato proprio per difenderlo da tutto ciò che sembra ma non è. È stato un iter a tratti faticoso, ma ne è sempre valsa la pena. Esattamente come vale la pena difendere ogni propria idea.
Se amate il viaggio, se sentite che può far rinascere dentro di voi qualcosa che nel tempo si è avvizzito, se pensate che viaggiare possa aprirvi a nuove modalità e nuove direzioni, allora questo è il percorso giusto, perseguitelo con saggezza, informatevi e scegliete una modalità che sia davvero per voi e con voi.
Paul Rebillot, nel suo fantastico libro sul viaggio dell’eroe dice: “Nel corso del mio Viaggio personale, ho dovuto passare attraverso le profondità del mio inferno interiore. Per essere in grado di guidare gli altri attraverso i loro inferni, ho dovuto fare l’esperienza del mio. Ma avendone fatto l’esperienza, posso dire – è possibile attraversarlo.–”
Il Travel Counselor è colui che può guidare, anche da lontano, il viaggiatore nel suo altrove e lo può fare in quanto ha percorso il proprio altrove, lo ha conosciuto, lo ha attraversato. È anche colui che vedrà ritornare il suo cliente partito viaggiatore e tornato eroe di se stesso. Con gli occhi lucidi di orgoglio potrà, ancora una volta affiancarsi al suo cammino per procedere nell’impervio percorso di integrazione dell’esperienza, dove tutto ciò che di luminoso e nuovo è emerso da dentro il viaggiatore non rimanga intrappolato in una bolla di sapone, stupenda ma fragile, ma venga invece ricucito con la nuova vita che lo attende. Lo scopo del viaggio è tornare esseri umani integri e realizzati in una nuova condizione di vita che si è costruiti da sé, attraverso l’apertura sull’ignoto. Perché è vero che stando qui, restando fermi, vicini, ancorati, costretti è più difficile. È vero che è là fuori che succede la magia. Il viaggio è questo: un enorme insieme di vita pronta ad abbracciarti, ad esploderti addosso, a rivoluzionarti e a condurti, ancora una volta, a te stesso. Per questo lo amo.
Come mi ha detto Arianna alla fine: “tra tutti quelli che ho fatto quest’anno il viaggio più difficile è stato tornare a casa”. Arianna è tornata dopo aver fatto il giro più lungo, quello dentro se stessi.
di Alice Bianchi