fbpx

Incontro è sempre sinonimo scoperta; in viaggio, più che mai, l’incontro si traduce in scoperta della diversità. Sia che facciamo tanta o poca strada, che decidiamo di attraversare un oceano o di conoscere un angolo poco battuto della nostra città, in qualunque caso stiamo uscendo da noi stessi ed entrando in territorio fatto di scambi tra noi e l’altro: il primo passo è, per forza di cose, valicare un confine.
Marco Aime scrive che, nel viaggio, “il limite del nostro corpo si indebolisce, da confine diventa frontiera e la frontiera è terra di incontro, di scambio.”
Punto di partenza, per creare una relazione significativa con qualcuno durante il viaggio, è quindi l’incontro. “L’incontro con l’altro si trova sempre in uno spazio indefinito, che non appartiene a nessuno, un inframmezzo.”
Prima che sia per noi un punto di riferimento, un ‘compagno’, prima che provochi in noi un cambiamento, l’altro deve accostarsi a noi, e noi a lui, in uno stesso piano fatto di reciprocità.
In qualunque modo intendiamo l’incontro, le persone intorno a noi saranno fondamentali nel nostro processo di consapevolezza per due motivi: il primo è appunto quello di offrirci una prospettiva sul mondo e sulle cose diversa dalla nostra (tutto ciò che per noi è sconosciuto è una risorsa importante e può solo arricchirci); il secondo motivo è perché gli altri sono sempre uno specchio di noi stessi.
Il rispecchiamento è una tecnica molto usata in Gestalt. Con rispecchiamento si intende quell’attitudine di vedere nell’altro elementi e caratteristiche che, in realtà, appartengono a noi stessi. Secondo la Gestalt, consideriamo alcune caratteristiche (siano esse positive o negative) piuttosto che altre poiché le ritroviamo anche dentro di noi; come se fossero scritte in un lingua che conosciamo in mezzo ad un mare di parole incomprensibili. Allenarci a capire che ciò che vediamo nell’altro è anche dentro di noi (è una parte che ci piace o che ci dà particolarmente fastidio) aumenta la consapevolezza su noi stessi.
Quando incontriamo qualcuno, perciò, facciamolo in modo consapevole: chiediamoci chi è? Cosa fa? Cosa significa per noi? Cosa c’è di mio in lui? Perché lo sento simpatico o antipatico “a pelle”? Cosa gli proietto addosso? In questo modo saremo alleggeriti dalle aspettative e genuini nell’incontro.

estratto da Travel Counseling, il viaggio come strumento di crescita personale, di Alice Bianchi, Erickson edizioni 2019

Ti interessa saperne di più?

Se hai sentito una risonanza con quanto scritto e credi che questo metodo potrebbe interessarti, scrivimi o chiamami per fissare una consulenza di prova.