Incontro è sempre sinonimo scoperta; in viaggio, più che mai, l’incontro si traduce in scoperta della diversità. Sia che facciamo tanta o poca strada, che decidiamo di attraversare un oceano o di conoscere un angolo poco battuto della nostra città, in qualunque caso stiamo uscendo da noi stessi ed entrando in territorio fatto di scambi tra noi e l’altro: il primo passo è, per forza di cose, valicare un confine.
Marco Aime scrive che, nel viaggio, “il limite del nostro corpo si indebolisce, da confine diventa frontiera e la frontiera è terra di incontro, di scambio.”
Punto di partenza, per creare una relazione significativa con qualcuno durante il viaggio, è quindi l’incontro. “L’incontro con l’altro si trova sempre in uno spazio indefinito, che non appartiene a nessuno, un inframmezzo.”
Prima che sia per noi un punto di riferimento, un ‘compagno’, prima che provochi in noi un cambiamento, l’altro deve accostarsi a noi, e noi a lui, in uno stesso piano fatto di reciprocità.
In qualunque modo intendiamo l’incontro, le persone intorno a noi saranno fondamentali nel nostro processo di consapevolezza per due motivi: il primo è appunto quello di offrirci una prospettiva sul mondo e sulle cose diversa dalla nostra (tutto ciò che per noi è sconosciuto è una risorsa importante e può solo arricchirci); il secondo motivo è perché gli altri sono sempre uno specchio di noi stessi.
Il rispecchiamento è una tecnica molto usata in Gestalt. Con rispecchiamento si intende quell’attitudine di vedere nell’altro elementi e caratteristiche che, in realtà, appartengono a noi stessi. Secondo la Gestalt, consideriamo alcune caratteristiche (siano esse positive o negative) piuttosto che altre poiché le ritroviamo anche dentro di noi; come se fossero scritte in un lingua che conosciamo in mezzo ad un mare di parole incomprensibili. Allenarci a capire che ciò che vediamo nell’altro è anche dentro di noi (è una parte che ci piace o che ci dà particolarmente fastidio) aumenta la consapevolezza su noi stessi.
Quando incontriamo qualcuno, perciò, facciamolo in modo consapevole: chiediamoci chi è? Cosa fa? Cosa significa per noi? Cosa c’è di mio in lui? Perché lo sento simpatico o antipatico “a pelle”? Cosa gli proietto addosso? In questo modo saremo alleggeriti dalle aspettative e genuini nell’incontro.